La fascite plantare o sindrome della spina calcaneare, si presenta come un dolore nella regione d’inserzione della fascia plantare al calcagno. Può associarsi o meno, un dolore lungo il margine mediale dell’arco plantare, ovvero lungo il legamento arcuato, che attraversa la parte inferiore del piede e collega il tallone con la base delle dita. In tale contesto, può presentarsi, come pure no, la spina calcaneare.

La fascite plantare è una delle cause più comuni di tallonite. Il dolore è generalmente più acuto al mattino, quando ci si alza dal letto, tende poi a diminuire con i primi dieci minuti di attività, per riacutizzarsi dopo essere stati seduti o fermi a lungo. Spesso peggiora quando si solleva in avanti il tallone, nello svolgimento del passo e nel mantenere la stazione eretta a lungo.

Tra le principali cause d’insorgenza di questo disturbo, ci sono, la pratica di alcune attività sportive su superfici dure, come la corsa, il ballo, il basket. Può riguardare anche coloro che svolgono attività sedentarie, usano calzature con tacco alto o scarpe antinfortunistiche. Sia i casi degli sportivi che dei sedentari, sono accomunati dall’accorciamento o retrazione dei muscoli del polpaccio e della fascia plantare, riconosciute tra le cause più importanti per l’insorgenza di tale patologia. Altre cause possono essere, la presenza di piede piatto, cavo e il sovrappeso.

Normalmente il dolore sì sviluppa gradualmente, colpisce solo un piede anche se può interessare entrambi. La fascite plantare è confermata da un test molto semplice: se ponendo il piede in dorsiflessione, si applica una pressione energica con il pollice sul calcagno e tale operazione crea un forte dolore, il test è positivo. Può essere anche presente un dolore fasciale lungo tutta la volta plantare. Può sostenere la diagnosi, un rx di piede che potrebbe evidenziare la spina calcaneare, tuttavia, la sua assenza non esclude la diagnosi e, d’altra parte, speroni evidenti, possono essere asintomatici.

Un po’di anatomia

Il piede è una delle articolazioni più complesse del corpo umano, insieme a quella della mano. Il piede, non solo permette la stazione eretta e la deambulazione ma è da considerarsi anche come un organo esplorativo e conoscitivo del mondo esterno. Basti pensare infatti, ai collegamenti privilegiati col sistema nervoso centrale e periferico, che permettono ad una persona di spostarsi, senza cadere, al buio e su un terreno sconosciuto. Proprio per tale complessità dì funzione, anche la sua struttura non è da meno.

Caratterizzato da 26 ossa, divise in tarsali, metatarsali e delle dita, 32 muscoli e tendini, 18 dei quali presenti nella pianta del piede e 13 che partono dalle ossa della gamba e 107 legamenti con la funzione di tenere le giunzioni ossee insieme, permettendo al contempo, i necessari movimenti. Senza addentrarsi in tale “groviglio” di perfezione, prendo qui in esame la cosiddetta fascia o arco o volta plantare, in quanto bersaglio della sintomatologia dolorosa, nel  mal funzionamento del piede, accennato in precedenza. È una larga fascia tendinea, che si estende dalla testa dei metatarsi, fino al calcagno e ha una forma triangolare, molto simile a quella che copre il palmo della mano. Se si stira, c’è il rischio che la volta inizi ad appiattirsi, dando vita al piede piatto. Al contrario, quando troppo tesa, genera il piede cavo.

Le ossa del tallone, astragalo e calcagno, distribuiscono il peso in avanti sul primo metatarso, proprio grazie all’arco plantare, che funge pure da stabilizzatore del piede, sia in statica che durante la progressione del passo. Proprio per queste numerose funzioni che ha la volta, si capisce perché, piuttosto frequentemente, può essere sottoposto a stress infiammatorio e degenerativo.

Il trattamento fisioterapico

Il trattamento, consiste in un primo momento, nel ridurre la sintomatologia dolorosa, per poi riequilibrare la muscolatura, recuperando le giuste lunghezze muscolo-tendinee e infine il gesto sportivo o di vita quotidiana. Inizio con un lavoro di rilassamento muscolare, con tecniche manuali che utilizzo, come per esempio il massaggio connettivale superficiale e profondo, il trattamento dei trigger point, la mobilizzazione passiva dell’arto e lo scollamento di guaine tendinee, il tutto volto ad allentare le tensioni che limitano il movimento. Associo anche un drenaggio linfatico manuale per allontanare dalla zona, le tossine, rifiuto dei catabolismi.

Il lavoro, non finisce a studio, ma continua, da parte del cliente, con esercizi da svolgere a casa propria, di facile esecuzione, così da facilitare e velocizzare il trattamento. Normalmente, oltre a mobilizzare fascia e articolazioni, che già di per sé basterebbe a ridurre la sintomatologia dolorosa, pratico delle tecniche specifiche, per ridurre direttamente il dolore, come la tecnica p.r.a.l.d. e furter. Quando il lavoro procede spedito, con poche sedute, la persona torna alla vita di prima, consapevole anche di pratiche utili per la prevenzione di ricadute.

Cosa ci dice la medicina integrativa

A proposito del dolore al tallone e alla fascia plantare, mi piace porre l’attenzione sull’ interpretazione che ci dà la medicina integrativa del dottor Butto, che unisce la medicina occidentale e principi che affondano le radici in altre filosofie, provenienti da medicine più antiche, quali, quella cinese e indiana, riviste alla luce dei nostri giorni e delle sue grandi intuizioni. Un meridiano in disfunzione, fortunatamente ci avvisa, dapprima con sintomi articolari, come ad esempio nel piede, per poi coinvolgere l’organo specifico. In questo caso, nel piede, convergono diversi meridiani, come quello di reni, vescica urinaria, milza, vescica biliare e fegato.

Ognuno di essi ha un decorso ben preciso, nella fattispecie risulta interessato il meridiano dei reni, strettamente connesso a quello della vescica. Come si può ben vedere in figura, ( figura meridiano reni) ha proprio inizio nell’incavo della pianta del piede, passa sotto il malleolo, sul bordo anteriore del tendine d’Achille e sale nella parte interna della gamba per poi continuare il suo percorso verso l’alto.

Il meridiano dei reni, va in disfunzione quando il primo chakra, ovvero quello posto in corrispondenza della zona retroperitoneale o lombare, si blocca. Essendo questo centro energetico legato all’energia terrestre, si chiude per un conflitto di lontananza dalla propria terra o dalla propria casa. Per un bambino basterebbe cambiare città per un trasloco, nell’adulto è più sovente legato ad una perdita materiale, come avere debiti, aver perso una grossa somma o un’ eredità o semplicemente sentirsi “minacciato” nel proprio ambito, lavorativo o domestico.

Il nostro trattamento olistico

Al fine di sbloccare tale meridiano e ridare un flusso costante e continuo di energia attraverso lo stesso, si può utilizzare la tecnica FEEL, LEE, Dermoriflessologia e Massaggio sonoro armonico individuale, metodo Albert Rabenstein. Essendo i reni, considerati in medicina tradizionale cinese, una vera e propria batteria dell’intero organismo, è molto importante ricaricarli, attraverso un buon sonno, la giusta attività fisica, evitando nell’uomo l’eiaculazione troppo frequente, nutrirsi con il cibo adeguato etc.

L’esame da superare, per completare il processo d’ apprendimento, è quello di essere consapevoli che, l’aspetto materiale nella vita è solo un mezzo e che non porta alla vera felicità. La necessità di accumulare beni materiali, deriva da istinti primordiali. È importante usufruire della materia in modo corretto, il denaro deve essere un mezzo che offre la possibilità di imparare, di evolvere e crescere ed anche uno strumento che permette di esprimere l’ amore materiale, da donare a chi ne ha più bisogno.